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Femminismo tra memoria e militanza

Femminismo tra memoria e militanza

Un Movimento che Trasformò Milioni di Coscienze di Donne

L’8 marzo c’è stato un importante sciopero internazionale femminista e transfemminista proclamato da una parte dei sindacati di base che hanno accolto e fatto loro l’appello di Non Una di Meno ma, invece di manifestare in tante sulle nostre piazze, sono stati fatti dei piccoli presidi e degli eventi durante tutta la giornata: il covid19 non molla la presa ma neanche noi abbiamo mollato la nostra volontà di esserci e di farci sentire ancora una volta.

Quest’anno come? Abbiamo aggiunto alle nostre azioni di lotta e ai presidi nello spazio pubblico un evento di grande rilievo culturale e politico, un’esposizione di materiali femministi presso il Circolo Anarchico Berneri di Reggio Emilia, dove abbiamo raccolto libri, riviste, materiali “antichi” e rari come possono essere ciclostilati, piccoli libretti, volantini che vanno dal 1970 al 1990 circa.

Non soltanto in quei fogli ingialliti e secchi è passata la storia fatta di lotte, di collettivi, di speranze ma è la storia delle donne, di quelle mani che hanno confezionato, di quelle intelligenze che hanno pensato e di quei corpi che hanno lottato. Quelle carte ammucchiate sulle librerie sono un ponte tra le parole delle donne e la memoria storica, sono la testimonianza di obiettivi che in parte si sono raggiunti: pensiamo al diritto al divorzio e all’aborto ed altri che sono ancora da raggiungere come l’uguaglianza sessuale (il non essere più preda di nessuno) e quella economica (non essere più dipendente da alcuno).

Sono molteplici le lotte che le donne hanno iniziato e che portano avanti, prima fra tutte quello di essere considerate e quindi di fare “storia”, di essere “storia” e non l’ombra di qualcosa o di qualcuno ma protagoniste, nel senso più profondo del termine.

In questi tumultuosi materiali si cela un tumultuoso desiderio di emergere, di lottare senza tregua, in mille rivoli ed in mille situazioni. Troviamo la partecipazione attiva ai seminari ed ai laboratori che si crearono in quegli anni, ai numerosissimi convegni e assemblee. Impossibile qui citare tutto quello che è stato quel femminismo compatto che nasceva e che produceva, smuoveva le coscienze per prendere atto della subalternità. Furono anche anni in cui avvennero divisioni all’interno del movimento e molte conflittualità ma, indubbiamente, emerse un movimento di “base” che innalzò i problemi da privati a “politici”. I dibattiti sul divorzio e sull’aborto furono portati alla luce e la società civile dovette prenderne atto e divenirne parte attiva.

Si scoprirono i testi di Anna Maria Mozzoni, di Alexandra Kollontai e di Anna Kuliscioff, scoprimmo un grande oceano di pensatrici, di scrittrici, di poete e di filosofe nonché donne di scienza, di musica e di arte che non conoscevamo prima. Fiorirono case editrici come “La Tartaruga” e “Le edizioni delle Donne” e anche “Rivolta Femminista”: tutto contribuì a far emergere il sommerso.

Le donne più impegnate dovettero staccarsi dai gruppi politici maschili per poter prendere la parola, avere spazi e la possibilità di confrontarsi tra donne su questioni propriamente femminili, cui i maschi non erano interessati come la “medicina per le donne” o la scoperta del pensiero femminile sia in letteratura che negli altri campi culturali.

Eva Figes col suo libro Il Posto delle Donne in una Società di Uomini del 1970 denunciava tutta la difficoltà per una donna di proseguire gli studi, frequentare l’Università, trovare un lavoro e mantenerlo anche quando divenisse moglie e madre. Nel 1973 Lotta Femminista con il testo: Il personale è Politico delineava tutto quello che sarebbe stata la grande battaglia delle donne: parlare di femminismo, di autonomia, di visibilità all’interno delle famiglie, delle case, dei luoghi di lavoro e della politica.

Le donne, come mostrato sui libri di fotografia come quello di Paola Agosti (1976), iniziavano a sfilare nei cortei sempre in modo massiccio e in modo creativo, danzando o creando cerchi dove cantare; si riscopriva un modo diverso di stare tra donne (un modo antico e mai dimenticato): confidarsi, gioire, soffrire, esserci. Anche l’anarchismo riscoprì le grandi figure come Emma Goldman col suo libro. Anarchia, Femminismo e Altri Saggi, si riscoprì Louise Michel e si crearono gruppi come quello di Livorno, di Milano e di Firenze.

La parte ancora più interessante di questo itinerario librario è però indubbiamente quello dei documenti, di tutto questo materiale grigio autoprodotto e spesso stampato in tirature molte limitate, in occasione di una assemblea o di una manifestazione.

È del 1975 la rivista, numero unico, Il Pane e le Rose dove iniziava il distacco delle donne dai partiti della sinistra istituzionale; passiamo poi agli opuscoli autoprodotti come quelli del Gruppo Femminista per la Salute della Donna di Roma che aprì e gestì anche un consultorio autogestito molto frequentato in quegli anni. I suoi opuscoli sulle infezioni vaginali, sulla pillola e sui vari anticoncezionali sono state miniere di informazioni per noi giovani donne di allora, che nulla sapevamo e che nulla ci era dato conoscere.

Scoprimmo la realtà sommersa e più che sommersa delle lesbiche, che iniziarono a pubblicare il CLI, Coordinamento Lesbiche Italiane che aveva una notevole diffusione in tutta Italia e non solo. Il Bollettino Donne Libertarie è del 1977 e ci furono anche materiali autoprodotti da Mestre, da San Giorgio di Nogaro, da Firenze, da Livorno nel 1981.

I materiali che provengono da Roma mostrano l’occupazione del Policlinico, avvenuta nel 1978 del Reparto di Ginecologia e Ostetricia per focalizzare l’attenzione sui tanti obiettori esistenti (la legge era in vigore già da un anno): in pratica su 180 medici solo 20 non erano obiettori!

Infine, ma non per importanza, non possiamo dimenticare uno dei primi documenti contro lo stupro, cioè La Politica dello Stupro” del 1976, il testo Le Violentate del 1977 ed il primo manuale in cui si auspicava per le donne la pratica dell’autodifesa: Giù le Mani di Vukovic-Row del 1977. Fu pubblicato (ed è in questa mostra) un album sulle violenze del 1976. Questa è una piaga molto dolorosa che non abbiamo ancora sconfitto e che richiederebbe un’analisi approfondita e questa non è certo la sede adatta.

La violenza è ancora, purtroppo, uno spettro che accompagna le donne fin dalla nascita e che, in questi ultimi anni, ha visto aumentare i casi di femminicidio. Molti sono i fattori scatenanti, uno dei tanti la mancanza della cultura dell’accettazione, che consiste nel non sentirsi sempre detentori di verità e possessori della figura femminile etc. Un doloroso percorso di sangue e di sopraffazione sovrasta tutte le donne perché, come un tempo nelle piazze si gridava: “Per ogni donna uccisa / per ogni donna stuprata / per ogni donna offesa/ siamo tutte parte lesa”.

Una mostra imperdibile per riscoprire il valore la vivacità e l’innovazione che caratterizzarono quegli anni. Hanno collaborato alla realizzazione Gabriella Gianfelici dell’Associazione Culturale Exosphere di Reggio Emilia e la Biblioteca Circolante Autogestita. La mostra, inaugurata a Reggio Emilia l’8 marzo 2021, sarà aperta tutta dal Lunedì al Venerdì dalle 17 alle 19.

Non Una di Meno Reggio Emilia

Circolo Anarchico “C. Berneri” di Reggio Emilia

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